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martedì 2 giugno 2015

L'alba dell'ultimo giorno di Billy Budd

Mai stata così in ritardo, ma lo sapete, aspiro al Guiness. 

Billy Budd, Carlo Felice, 18 aprile 2015

Billy BuddValdis Jansons
Edward Fairfax Vere - capitanoPatrick Vogel
John Claggart- Maestro d'armiHector Guedes
Mr. Redburn - primo tenenteChristopher Robertson
Mr. Flint - ufficiale di navigazioneMansoo Kim
Ratcliffe - tenenteSimon Lim
Red Whiskers - marinaio arruolato a forzaMarcello Nardis
Donald - marinaioDaniele Piscopo
DanskerJohn Paul Huckle

DirettoreAndrea Battistoni
Regia e costumiDavide Livermore
SceneTiziano Santi
Light designerAndrea Anfossi - realizzato da Luciano Novelli
AllestimentoTeatro Regio di Torino
Maestro del coroPablo Assante
Maestro del coro delle voci biancheGino Tanasini
Coro del Teatro Carlo Felice e Coro del Teatro Nacional de São Carlos di Lisbona
Coro delle voci bianche del Teatro Carlo Felice
Orchestra del Teatro Carlo Felice

Premessa: io ho la fobia di qualsiasi cosa assomigli a una scala a pioli o un ponte tibetano, capirete quindi in quale stato di puro terrore mi gettino le parole "gabbiere di parrocchetto". Nonostante questo, ho atteso il Billy Budd di Genova con somma trepidazione ed è facile capire perché: storia raccontata da Melville, musicata da Britten, sottili pulsioni omoerotiche e 50 sfumature di voce maschile con l'Innocenza rappresentata da, rullo di tamburi, un baritono. E chi m'ammazza? Non di certo un parrocchetto.

Le poche pagine del racconto di Melville sono splendide, hanno qualcosa di biblico e trasformano camera tua, l'autobus o qualunque altro luogo dove stai leggendo in un vascello in mare aperto. Insomma, avevo detto tutto scrivendo "Melville".
L'inizio del racconto per me è stato folgorante: un Bel Marinaio dalla pelle color ebano con il codazzo di marinaretti dietro. L'ho conosciuto, una decina di anni fa al porto di Genova, ha cercato di abbordarmi (mestiere suo) e i colleghi meno aitanti stavano dietro a vedere che combinava (ovvero se avevo amiche altrettanto abbordabili). Com'è possibile che Melville e io, a secoli di distanza, abbiamo conosciuto lo stesso uomo? Il mio bel marinaio era sceso dall'Olandese Volante? Potere dei topos, che il Nostro maneggia così bene.

Tornando all'opera: Valdis Jansons, torace muscoloso e smagliante sorriso, aveva decisamente il physique du rôle del Bel Marinaio. E, cosa più importante, una voce virilmente baritonale, con la freschezza della giovane età, ma in grado di affrontare il ruolo da primadonna. 

Starry Vere è un ruolo mica facile da portare a casa. Intanto perchè è stato scritto per Pears, per la sua voce imperfetta ed emozionante. Poi perchè unisce alla solitudine del comando tutta l'ambiguità di Ponzio Pilato; è amato dai suoi uomini, ma non sa salvare il migliore fra loro. Unico testimone di un omicidio pateticamente colposo, condanna un innocente per mantenere il comando. Era suo dovere di capitano, ma qual era il suo dovere di essere umano? Patrick Vogel il ruolo se lo porta a casa e devo ammettere che mi aspettavo più applausi alla fine. 

Claggart non è il Brutto che invidia la Bellezza. Melville lo specifica più volte: Claggart ha bei lineamenti, non si tratta della cozza che invidia la miss. Claggart è il Potere, per la precisione il potere di uno sbirro. Se il tuo ruolo è mantenere l'ordine, non sopporterai qualsiasi spontaneità e bellezza, perché ce ne vogliono tante di manganellate per contrastare ciò che nasce nei cuori al cospetto di Spontaneità e Bellezza. Soprattutto se il primo cuore a cedere è quello dello sbirro stesso. Hector Guedes forse non è entrato del tutto nel ruolo, ma anche lui bella voce e buona esecuzione. 

Foto rubata dalla pagina Facebook del Teatro

Stupirà vederlo scritto da me, ma per certi particolari posti, sono favorevole al bando di ogni essere femminile. Questi certi particolari posti si riducono al Monte Athos e al palcoscenico di Billy Budd, che per quanto mi riguarda, non dovrebbe avere voci femminili nemmeno fra le voci bianche.
A parte questa mia mania, bravi tutti.
Direzione di Andrea Battistoni degna della splendida musica. Regia di Davide Livermore ottima, impianto scenico che aveva la potenza di portarti in mezzo all'oceano proprio come il racconto di Melville. 

A quanto pare Britten è ancora considerato troppo contemporaneo fra i melomani e il pubblico del Carlo Felice si è diviso fra chi era in brodo di giuggiole (eccomi!) e chi considerava Billy Budd "una vera schifezza" (sentito con le mie orecchiuzze sante).
Le signore vicino a me, alla fine del primo atto, si lamentavano che non ci fossero romanze. Spero abbiano trovato di loro gradimento la ballata di Billy, spero che abbiano sentito tutta l'angoscia delle viscide alghe che si attorcigliano al suo giovane corpo, spero che abbiano toccato la pena di ogni condannato a morte, il dramma di ogni innocente trascinato negli abissi.

martedì 13 gennaio 2015

Tre opere in un mese: la Tosca a Genova

Fra pranzi luculliani e acciacchi di stagione, ovviamente non sono riuscita a scrivere il resoconto entro dicembre, però eccovelo.

Tosca, Carlo Felice, 28 dicembre 2014

ToscaMaria Guleghina
Mario CavaradossiRudy Park
ScarpiaCarlos Álvarez
AngelottiGiovanni Battista Parodi
SagrestanoClaudio Ottino
SpolettaEnrico Salsi
SciarroneDavide Mura
Un carceriereCristian Saitta
Un PastorelloFilippo Bogdanovic - Sebastiano Carbone

DirettoreStefano Ranzani
Regia e sceneDavide Livermore
CostumiGianluca Falaschi
Orchestra del Teatro Carlo Felice
Coro del Teatro Carlo Felice
Maestro del CoroPablo Assante
Coro di voci bianche del Teatro Carlo Felice
Maestro del coro di voci biancheGino Tanasini
Nuovo allestimento del Teatro Carlo Felice di Genova



Il trascinamento annuale dei miei genitori all'opera a questo giro prevede la Tosca! Una volta ero molto più aficionada di musical che di opera, quindi concedetemi il paragone: la Tosca è un po' come il Jesus Christ Superstar; funziona sempre. Ecco perchè ci porto chi melomane non è.
Entro in sala e... e... che odore c'è? sembra di entrare in chiesa... un'opera in odorama!??!?!! Ebbene si, sul palco, a sipario abbassato, sono presenti decine di candele e il naso le percepisce prima degli occhi. Entrare nella giusta atmosfera ancora prima che il sipario si alzi è sempre gradevole.

Anche l'occhio, però vuole la sua parte e non rimane deluso dalla regia e le scene di Davide Livermore. Nel primo atto sul fondale appare la cupola di S. Andrea della Valle (o, almeno, a me sembra proprio quella), che spesso si anima facendo muovere la schiera di santi e nuvole; la Maddalena a cui lavora Cavaradossi ha la bellezza della Penitente di Guido Reni; durante il Te Deum il fondale mostra un Gesù crocefisso che riappare durante la tortura di Mario, orribilmente photoshoppato con rivoli di sangue; a E lucevan le stelle fa da sfondo un bel quadro che mostra una Roma notturna e ottocentesca, che starebbe a bacio anche in un Rugantino. Insomma, iconograficamente c'è carne sul fuoco.

Per tutti e tre gli atti i protagonisti si muoveranno su una struttura inclinata, dall'aspetto vagamente escheriano, che ruotando offre diversi punti di vista dello spazio. La sensazione di precarietà che ne deriva è senza dubbio affascinante, ma le teste degli interpreti sono talvolta a rischio di spatasciarsi contro qualche spigolo e immagino che ci voglia molta concentrazione per cantare al meglio mentre si cerca di salvare l'osso del collo.

Foto rubata dalla pagina Facebook del teatro


Ma, se la struttura è scivolosa, la regia è solida. All'inizio del secondo atto Scarpia entra e, con eleganza, porge mantella e parrucca al suo lacchè. Tiro un sospiro di sollievo: a Como, un paio di anni fa, Scarpia, ugualmente imparruccato alla settecentesca, sbatteva la cofana sul tavolo in un momento di rabbia, in stile Benny Hill.
Più avanti vediamo portare Cavaradossi nella stanza dell'interrogatorio, ovvero nel lato posteriore della struttura inclinata. Per un attimo temo che, grazie alle giravolte della struttura in questione, si vedrà il Nostro ogni volta che canterà e mi inizio ad agitare perchè io aborro quando ti ritrovi a cantare sul palco qualcuno che dovrebbe far arrivare la sua voce da dietro le quinte; mi disturba profondamente. Ma anche questo timore è infondato, giustamente sentiremo i lamenti del bel Mario senza vederlo, così come deve essere, così come lo sente Tosca.

Avevo sperato di beccare Gregory Kunde che debuttava nel ruolo di Cavaradossi, avrei anche sperato di beccare Kunde cantare lo Zecchino d'oro dopo che l'anno scorso mi ero persa l'Otello (maledetta tosse bastarda), ma anche senza Kunde, sono uscita dal teatro più che soddisfatta.
Maria Guleghina è una Tosca perfetta. Era stato annunciato che si esibiva nonostante stesse male, ma non ha sbagliato una nota, non si è mai risparmiata, mai un momento di debolezza fino all'ultima scena. Unico neo i suoi parlati. Non amo molto questi tradizionali parlati (anche se così fan tutte, lo so...), la Guleghina poi deve credere la marcatura della erre come un effetto particolarmente verista: "il prrrrrrrrrrrrrrrrezzo!" E giuro che non ho esagerato. Vi lascio immaginare "tremava tutta Roma". Ma, con la stupenda interpretazione che ci ha regalato, le si perdona questo piccolo vezzo.
Rudy Park l'aveva visto a Como in un bellissimo Ernani dove era stato davvero bravo. Forse la sua voce non è ideale per Cavaradossi, ma comunque una buona interpretazione. Dal secondo atto in poi gli acuti sono stati deboli, temo che la Guleghina non fosse l'unica con la gola in fiamme, ma forse era l'unica con la tecnica per cantare alla perfezione comunque.