giovedì 13 giugno 2013

L'importanza di essere maudit

Quante mostre su Modigliani avrò visto negli ultimi 20 anni? Più o meno tutte quelle allestite in Italia e zone limitrofe. E davanti a quante opere di artistoni, artistelli e artistoidi della cosiddetta École de Paris mi sono incantata? Un numero tendente ad infinito. Perchè Amedeo Modigliani e tutto il suo entourage  parigino rappresentano il primo amore e il primo amore, che ve lo dico a fare, non si scorda mai. Quindi non potevo esimermi da vedere anche Modigliani, Soutine e gli altri artisti maledetti, nonostante il titolo. Come il più scarno sottotitolo spiega, trattasi di alcune delle opere della collezione Netter, riunita per l'occasione, come usano fare alcuni vecchi gruppi rock.

Sono andata un giovedì pomeriggio, in modo da godermi le sale vuote, avendo la pazienza di lasciar passare i grupponi incuffiati. Ad essere sincera le cuffie a questo giro le avevo anch'io, essendo comprese nel prezzo del mio biglietto (ovvero quello speciale con il viaggio sui potenti mezzi delle Ferrovie Nord). Ho anche provato ad ascoltare alcune spiegazioni, ma ero più attratta dalle onnipresenti gimnopedie e gnosserie di Satie in sottofondo; vada però a loro discolpa che non hanno indugiato solo sulla Gymnopédie 1 (ma c'è, tranquilli che c'è).

La prima sala funge da pout-pourri di quello che ci aspetta nel resto della mostra: un bel ritratto di Netter, dipinto da Moïse Kisling, che doverosamente apre la mostra; un meraviglioso paesaggio urbano di Utrillo; gli immancabili ritratti di Jeanne Hébuterne e Leopold Zborowski, quelli di piccole dimensioni, 46x27 per la precisione, dipinti da Modigliani nel 1916; le Grandi Bagnanti di André Derain, del 1908.
André Derain, Le grandi bagnanti, 1908, Olio su tela, cm 178 x 225, © Pinacothèque de Paris /Fabrice Gousset, © André Derain by SIAE 2013. Foto rubata da http://blog.nh-hotels.it
Quest'ultima è senza dubbio l'opera che attira lo sguardo di chi entra, non solo per il grande formato, ma anche per una certa familiarità che si riconosce nel modo in cui è trattato il soggetto, quasi un trait d'union fra Cezanne e Picasso (anche se non so se ci sia proprio bisogno di un trait d'union fra Cezanne e Picasso). D'altronde non solo l'anno è quello delle Demoiselles, ma non c'era artista all'epoca che non indugiasse nelle perfette forme di Cezanne e le riportasse nelle sue opere.
Quello che invece ha attirato la MIA attenzione è stato il quadro di Utrillo, una pennellata quasi van-goghiana, gli alberi materici con gocce di giallo fra il nero, i palazzi che escono dal quadro, che cadono su se stessi; sembra una vivace domenica pomeriggio, ma è tutto sporco e cattivo.

Un quadro che è un'ottima anteprima della sala dedicata a Maurice Utrillo. Ritorna quella pennellata usata per dipingere gli alberi, ma meno aggressiva, più fluida e morbida, in Paesaggio corso del 1912. Ancora gli alberi che attirano verso l'interno del quadro e una strada che corre verso l'orizzonte, le case con le persiane che vorresti aprire in Piazzetta della chiesa a Montmagny del 1907 circa. Gli  alberi sono invece carichi di foglie multicolori in Chiesa di periferia del 1909, con un vertiginoso stacco fra edifici e cielo (quello che la madre gli invidiava, a sentire la guida) che risucchia dentro al quadro e lì ti inchioda. Per non parlare dello splendido Chiesa di Sermaize (1914/16 circa) - la solita capacità di cataputarti all'interno del dipinto, dentro le case con i soliti alberi, le solite persiane, lo sporco alle pareti, il cielo grigio. È risaputo che Utrillo dipingeva a scopo curativo, per arginare almeno in parte i danni dell'alcolismo. Non so se questo quadro sia stato terapeutico per lui, sicuramente lo è per me!

Quadri pochi ma buoni nella sala dedicata a Suzanne Valadon, in cui spicca Nudo che si pettina del 1916, forse il mio quadro preferito fra tutti quelli esposti alla mostra. Che signora artista, Valadon! Che capacità di dipingere corpi sfatti e attraenti, carni dai colori marci che disegnano rotondità sensuali! Non mi staccavo più da questo quadro che mi ha dato molte emozioni, nascoste in tanta apparente semplicità. 
(Nota di costume: ricordate quanto detto sulle cuffie con le spiegazioni? come inizia la descrizione di questa meraviglia? "La musica di sottofondo è di Erik Satie, che per qualche mese fu amante dell'autrice del quadro." Occhietti della Simo al cielo.)

Si arriva finalmente alla sala con i capolavori di Amedeo Modigliani. A sorpresa è stata la parte che mi ha interessato meno, forse per l'overdose di mostre di cui parlavo all'inizio. Ma impossibile non rimanere comunque incantati dal ritratto di Jeanne Hébuterne del 1918 (quello di profilo, lei è vestita in nero e rosso) o il ritratto di Elvira con colletto bianco.
In un angolino che pochi degnano di uno sguardo sta anche un Adamo ed Eva (1919) di Jeanne Hébuterne, che non avevo mai visto e di cui nemmeno sapevo l'esistenza (ma sempre vengo a conoscenza dei suoi quadri solo alle mostre, è la natura del suo patrimonio artistico...). Non di certo un capolavoro, simil-naïf come si confa alle opere di questa artista, chi si ferma davanti non può fare a meno di sentirsi incuriosito dalla macchia di colore che Eva tiene fra le mani. Non capita spesso che la mela sia così sottilmente ipnotizzante... ma dovrebbe!

Chaïm Soutine, La pazza, 1919 circa, olio su tela, 
Immagine proveniente da
http://www.artexpertswebsite.com/pages/artists/soutine.php

La sala dedicata a Chaïm Soutine si fa negativamente notare perchè non si vede NULLA a causa del riflesso delle luci sui quadri. La forzata visione da lontano ha il suo fascino, però. Il ritratto di Chaïm dipinto da Modì (quello del 1916) campeggiava solitario sul lato corto della stanza, come un re a capotavola. Ho adorato Bimba con vestito rosso, del 1938, che potrebbe essere un adorabile, distorto pendant della Bambina con vestito azzurro di Modigliani (presente in mostra). Sono stata morbosamente attratta dalle enormi mani de La pazza (1919 circa), dall'espressionistica deformazione de La donna in verde (sempre del 1919 circa). Mi accorgo solo ora, scrivendo, che hanno attirato di più la mia attenzione i ritratti che i paesaggi. Forse dipende dal fatto che avevo già visto in altre mostre i suoi buoi, sentieri e platani o forse, più probabilmente, non c'è paesaggio al mondo, nemmeno dipinto dai più grandi, che io possa preferire ad un ritratto.

    Infine la sala dedicata a Moïse Kisling, dove spiccano La donna con maglione rosso del 1917, la cui modella un po' assomiglia a Jeanne Hébuterne, e il Nudo sdraiato sul divano del 1919, soggetto modiglianesco, resa sensualissima, con la modella di sbieco a far da spartiacque fra i colori freddi del panno in cui sta sdraiata e la tenda rossa che sopra lei sovrasta.

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